“VIAGGI TRA LE RIGHE”, la rubrica del venerdì dedicata agli adulti.
Era il 1966 quando l’autore austriaco Peter, premio nobel per la letteratura 2019, esordiva nella narrativa. Lanciò al pubblico la sua sfida stuzzicandolo con una provocazione, spiazzandolo con una storia costruita – o frantumata – come un rebus, un puzzle, un enigma.
Il romanzo rifiuta di lasciarsi riassumere.
E’ composto da episodi che resistono a farsi ricondurre ad un insieme coerente, è presentato da un titolo che non concede indizi per una risoluzione né la traccia per una univoca interpretazione.
Volendo estrarre il nucleo, l’ossatura di un plot, si rischia di far svanire il fascino perturbante di questo mosaico narrativo.
Due ragazzi, due fratelli, giocano un giorno d’estate vicino al fiume e, mentre saltano da una riva all’altra, uno dei due scivola in acqua e annega.
Il terzo fratello, il narratore, diviene cieco quel giorno e alla cieca procede attraverso le proprie percezioni e sensazioni sondando l’accaduto.
Ma allora chi sono i calabroni?
Sono le parole armate di pungiglione?
I detentori di un punto di vista sfuggente, messo a fuoco da occhi sfaccettati in vari ocelli e capaci di guardare anche al buio?
I volatori su traiettorie apparentemente caotiche rispondenti a un
alinea misteriosa linea misteriosa , come questa scrittura?
Oppure sono i diretti parenti – nonché i voraci predatori – delle numerose figure animali che popolano il paesaggio rurale della Carinzia meridionale dove Handke è cresciuto, descritti uno dopo l’altro come arcani simboli viventi: la vespa, il tafano, la zanzara, la formica, la tignola.
Ai lettori l’occasione di trovare la risposta leggendo questo capolavoro, edito da Guanda.